Wednesday, February 15, 2012

Scontro al vertice del potere in Iran

(posted on http://www.come2discuss.net/, July 30th, 2011)

La Guida della Rivoluzione Islamica ha decretato l’istituzione del Consiglio per la risoluzione delle dispute fra Governo, Parlamento e potere giudiziario. Il nuovo organo, composto da cinque membri, sarà presieduto dall’Ayatollah Seyyed Mahmoud Hashemi Shahroudi (già a capo del potere giudiziario fra il 1999 ed il 2009) e si aggiungerà alla già folta pletora di organi che compongono l’intricata architettura costituzionale del sistema politico iraniano.

La decisione di Khamenei può essere interpretata come una mossa tattica sia per emarginare l’ex Presidente Rafsanjiani che per contrastare il potere in ascesa dell’attuale presidente Ahmadinejad. Inoltre, stando alla lettura fornita da alcune fonti, Shahroudi viene indicato come potenziale successore di Khamenei al vertice del potere quando questi uscirà di scena. La mossa di Khamenei arriva in un momento in cui è cruciale riacquistare il peso progressivamente perduto a causa della prepotente ascesa dell’ala militare dei neoconservatori. La partita fra le due principali fazioni attualmente al potere è solo all’inizio.

Da un lato, Khamenei potrebbe mirare all’indebolimento di Ali Akbar Hashemi Rafsanjiani, uno degli uomini più potenti in Persia e padrone di un impero economico che ha saputo costruire affermandosi nel mercato del pistacchio. L’ex Presidente della Repubblica e dell’Assemblea degli Esperti (organo che in Iran ha il potere di nominare e di destituire la Guida) è attualmente a capo del Consiglio per il discernimento, l’organo a legittimazione religiosa che era stato istituito da Khomeini nel 1988 per dirimere i conflitti fra il Parlamento e il Consiglio dei Guardiani. Ma la sua autorità si è affievolita in seguito alle elezioni presidenziali del 2005 quando gli iraniani gli preferirono l’attuale Presidente Ahmadinejad. La stagione del riformismo aveva deluso l’elettorato che in massa decise di punirlo per la cattiva fama che si era fatto di uomo potente e corrotto. Un personaggio, dunque, già largamente inviso alla popolazione e ormai anziano (ha 77 anni). 

Dall’altro lato, il principale avversario di Khamenei sembra proprio essere Mahmoud Ahmadinejad. L’attuale Presidente della Repubblica è anagraficamente più giovane della vecchia guardia (è nato nel 1956) e non appartiene direttamente alle fazioni che hanno governato il Paese fino al 2005. Egli proviene dai Pasdaran – il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica a cui aderisce nella metà degli anni Ottanta, in pieno conflitto contro l’Iraq – e spiritualmente è legato all’Ayatollah ultraconservatore Mesbah-Yazdi, un fiero avversario dell’autorità e del potere di Khamenei. Da quando Ahmadinejad è diventato Presidente della Repubblica, Khamenei lo ha in diverse circostanze spalleggiato glorificando il suo governo come il migliore dai tempi della rivoluzione del 1906 e, cosa ancora più rilevante, sostenendolo in occasione del golpe operato in seguito alle elezioni del 2009.

Ma è proprio a partire dal secondo mandato di Ahmadinejad che il rapporto fra i due comincia a scricchiolare ed a rendere evidente la frattura fra "partito dei turbanti" e "partito degli elmetti" la cui alleanza alle elezioni del 2005 aveva potuto essere stretta solo in funzione tattica anti-riformista. Il casus belli è stata la nomina a vice-Presidente di Esfandiar Rahim Mashaei, fidato amico di Ahmadinejad ma uomo inviso all'establishment conservatore tradizionalista per le sue posizioni su Israele, giudicate morbide, e per la sua ostilità al principio del velayat-e faqih. Lo stretto rapporto fra Mashaei e Ahmadinejad che secondo alcuni ricorderebbe l'accoppiata russa Putin-Medvedev, farebbe presupporre una strategia politica di conservazione del potere che non trova d'accordo Khamenei. In realtà, la Guida dispone del potere costituzionale di scaricarlo ma sembra che Khamenei non ne approfitti per evitare uno scontro aperto il cui esito sarebbe difficilmente determinabile. Spodestare Ahmadinejad in maniera plateale risulterebbe, perciò, un'operazione non scevra da rischi, anche se da un po' di tempo a questa parte alcune forze come gli stessi Pasdaran e i Basiji sono tornati a manifestare il proprio sostegno alla Guida.

L’immagine di coesione e di sostanziale omogeneità con cui spesso noi occidentali pensiamo al mondo islamico e, nel caso particolare, all’Iran sconta un difetto di semplificazione. All’interno del Paese vi è infatti un rigido fazionalismo che rende dialettico, quando non addirittura conflittuale, il rapporto fra gruppi sociali e politici. L’ascesa progressiva dell’ala dei militari protetti da una cerchia di Ayatollah che critica aspramente la leadership di Khamenei può aver spinto la Guida a riprendere il timone del regime. Se ai tempi della Presidenza Khatami il programma riformista poteva essere reso nullo dal potere sostanzialmente censorio degli organi a legittimazione religiosa (Consiglio dei Guardiani in primis), oggi i conservatori tradizionalisti si trovano di fronte ad una fazione neoconservatrice assai più forte, che ha progressivamente acquisito il controllo delle varie arene del potere. Questo elemento non va sottovalutato poiché in assenza di un blocco unico e coeso, le questioni religiose, che pure spesso in politica vengono usate in maniera strumentale come mezzo di legittimazione delle élite, potrebbero giocare, soprattutto in questa congiuntura storica, un ruolo decisivo, come tra poco verrà illustrato.

Molteplici sono i punti di contrasto fra la fazione neoconservatrice ed i conservatori tradizionalisti. In economia, se i primi sono interventisti, i secondi lasciano più spazio all’iniziativa privata; nella sfera sociale, invece, l'issue più cara ai neoconservatori è la giustizia sociale direttamente rivolta ai mostazafin (i diseredati). Benché non collimante perfettamente con la predetta distinzione, si registra, infine, un irriducibile disaccordo a proposito delle questioni più propriamente religiose. A questo proposito vale la pena di aprire una parentesi.

In Iran è dominante la tradizione duodecimana, una frazione largamente maggioritaria nello sciismo che crede nel ritorno dell’Imam Muhammad ibn al-Hasan detto il Mahdi (l’”atteso”), misteriosamente scomparso nell’874. Secondo la credenza, la linea del potere si sarebbe interrotta in quel momento e ogni governo successivo sarebbe illegittimo. In assenza del Mahdi, che continuerebbe a comunicare col mondo attraverso dei luogotenenti (wakil), una qualche forma di potere, di governo e di ordine sarebbe comunque stata accettata e giudicata necessaria, ma nella costante attesa della ricomparsa dell’Imam. E' questa la posizione quietista che ha molto in comune con la dottrina elaborata in campo sunnita da Abu Hamid al Ghazali (1058-1111), teologo e giurista islamico medioevale, e che trova fondamento in quella tradizione coranica secondo cui “la fitna è peggio dell’uccidere”

Con la Rivoluzione del 1979, Khomeini introduce il principio del velayat-e faqih (letteralmente, il "governo del giureconsulto") di cui si serve per promuovere l’impegno politico diretto del clero. Esso incontra una fiera avversione in una gran parte dell'alto clero sciita poiché si pone quale radicale innovazione rispetto alla tradizione quietista. Ciononostante, finché Khomeini rimane in vita, anche il velayat-e faqih sopravvive, pur ricevendo, verso la fine degli Anni Ottanta, le sempre più pesanti critiche da parte dell'uomo designato alla successione, l’Ayatollah Ali Montazeri. Per questa ragione, allo scopo di preservare il principio e, di conseguenza, per rilanciare la Rivoluzione stessa, Khomeini decide di screditare Montazeri appoggiando Ali Khamenei (l'attuale Guida) che però non possiede i requisiti per potergli succedere, in quanto è un semplice hojjatoleslam (un chierico di medio rango) e non un Ayatollah (chierico di alto rango che ha completato gli studi superiori); a rigor di logica, quindi, non potrebbe essere riconosciuto come marja-e taqlid ("fonte di emulazione") da parte del clero sciita, né assumere il ruolo di guida politica e religiosa della comunità dopo Khomeini. Ma la delegittimazione del principio del marja-e taqlid renderà possibile a Khomeini sostenere Khamenei, il quale si attirerà le critiche di gran parte degli esponenti dell'alto clero sciita - tra cui lo stesso mentore di Ahmadinejad, l'Ayatollah Mesbah Yazdi - che ancor oggi, pur nel rispetto della dottrina del velayat-e faqih, sono fieri avversari della sua autorità.

E’ anche per tale ragione che si spiega la cosiddetta “politica dell’Imam nascosto”, il tentativo astuto operato da tempo dal Presidente Ahmadinejad di accreditare il proprio governo come il governo dell’attesa dell’Imam scomparso. Com'è stato osservato poc'anzi, la Rivoluzione del 1979 ha parzialmente modificato questa credenza poiché, con l’introduzione del principio del velayat-e faqih, Khomeini ha potuto legittimare il proprio potere affermandone il carattere islamico e quindi giusto in sostituzione dell'Imam nascosto. Il gesto di Ahmadinejad assume così un straordinario valore simbolico: è una sfida diretta alla figura di Khamenei la cui autorità poggia su un principio che, vista la sua provvisorietà, finisce per essere invalidato dall'ormai imminente arrivo del Mahdi.

Ahmadinejad ha vinto le elezioni nel 2005 ponendosi in radicale alterità rispetto a chi aveva governato precedentemente l’Iran. Non disdegnando la parola d’ordine del riformismo – un’idea che nonostante il fallimento khatamista aveva conquistato la popolazione – ha saputo con scaltrezza declinarlo in termini di giustizia sociale e di moralità, la cui urgenza era fortemente avvertita dalle stesse masse deluse dall’esperienza riformista. Da quando è al potere, Ahmadinejad ha con costanza posto l’accento su questi temi, affermando coerentemente che la lotta alla povertà e alla corruzione avrebbero accelerato la fine dell’Occultazione e l’arrivo ormai prossimo del governo giusto, stabilendo così un'analogia fra sé e la figura del wakil. Di fronte a questioni quali lo scontro con l'Occidente e con Israele, la crisi economica e l'isolamento di cui l'Iran ormai soffre da anni, la corruzione di larga parte dell'establishment clericale, il periodo cominciato con la presidenza Ahmadinejad funge, nella retorica dell'ex sindaco di Tehran, da fase preparatoria alla ricomparsa definitiva dell'Imam occultato.

Nei giorni scorsi ricorreva l’anniversario della nascita del dodicesimo Imam: se Ahmadinejad, che in diversi suoi discorsi ha enfatizzato la prossimità della fine dell’Occultazione, dovesse conquistare le masse promuovendo l’idea che il suo governo agisce nel nome del Mahdi, egli potrà sfidare con maggiore facilità l’autorità di Khamenei, delegittimato dall’attacco diretto alla dottrina del velayat-e faqih. Come detto, la partita è solo all’inizio. Di quale sarà l’esito, saranno rivelatori gli appuntamenti elettorali che nel 2012 rinnoveranno il Parlamento e soprattutto le elezioni Presidenziali del 2013.

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