Sembra davvero uno scenario già visto quello che ormai da diversi mesi
si impone al centro delle notizie che contano nelle relazioni internazionali:
un paese nemico della democrazia che, con ambizioni di egemonia mondiale, sfida
l’intera comunità internazionale degli Stati. Simili agli atteggiamenti con cui
si poneva la Germania nazista di Hitler, simili alle beffe che Saddam Hussein
si è fatto per anni delle Nazioni Unite, le mosse dell’Iran di Ahmadinejad sono
all’origine dell’ennesima tegola che si sta abbattendo sull’area mediorientale,
come se in quelle zone di problemi non ce ne fossero già abbastanza. Quello che
fa paura è che, come i “predecessori” di Ahmadinejad sono riusciti, almeno in
parte, a perseguire senza ostacoli i loro rispettivi progetti
politico-egemonici, lo stesso Presidente dell'Iran sembra essere sulla buona strada per
riuscire nel suo; un'aspirazione che si manifesta
per la sua natura panislamista. Hitler, senza che alcuno muovesse un dito, ha
allargato progressivamente i confini del suo impero, inglobando popoli e
sterminando razze ed etnie. La politica dell’appeasement di Chamberlain e di
chi, come lui, sosteneva la necessità del dialogo con un pazzo, è stata una
delle concause che hanno originato la seconda guerra mondiale.
Saddham Hussein, dal canto suo, non fu da meno: l’aiuto economico delle petromonarchie arabe e degli Stati Uniti gli hanno conferito i mezzi necessari per portare a termine vittoriosamente la prima guerra del Golfo, (che vedeva contrapposto il “suo” Iraq all’Iran teocratico di Khomeini) per poi, seguendo la china scivolosa di chi quando vince per la prima volta al casinò non si accontenta più, invadere il Kuwait nel 1990, cadendo però miseramente grazie all’intervento di una coalizione capeggiata dagli stessi U.S.A.. Il problema poi è che nessuno ha rimosso Saddam (evidentemente agli Stati Uniti andava bene così) e questi ha potuto continuare indisturbato nella sua politica di eccidio, sterminando durante la sua lunga dittatura 2 milioni di persone tra cui minoranze curde e sciite. Per scalzarlo si è dovuti ricorrere, solo nel 2003, alla scusa delle armi di distruzione di massa che non sono state trovate. Lui, Saddham Hussein, è stato alla fine individuato ed arrestato ma la situazione attuale in Iraq può dirsi tutt’altro che pacificata.
Il pericolo costituito dall’Iran è rafforzato da un programma che prevede l’arricchimento dell’uranio e l’attivazione del ciclo nucleare “a scopi civili”, secondo quanto afferma da mesi il Presidente Ahmadinejad. Pregiudizievole ma, a detta di tutti gli esperti di geopolitica, fondato è il timore che Ahmadinejad voglia installare sul territorio iraniano centrali nucleari a scopo militare, non fosse altro perché tale possibilità conforterebbe molto l’opportunità di realizzare l’elemento precipuo della sua agenda: l’eliminazione fisica, la cancellazione dalla cartina geografica dello Stato di Israele.
Se a tutto ciò si aggiunge il programma già avviato che mira a preparare migliaia di kamikaze pronti a farsi saltare in aria in missioni suicide, le carte di Ahmadinejad sono scoperte. Le sue brame reali sono sotto gli occhi di tutti. Proprio ieri il rapporto stilato dal direttore generale dell’AIEA, El Baradei, fa registrare il risultato negativo delle pressioni che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha esercitato sull’Iran per convincere il suo Presidente ad abbandonare i suoi piani. La situazione, insomma, si sta ripetendo: Ahmadinejad, come Saddam, si fa beffe dell’ONU; Ahmadinejad, come Hitler all’epoca, si burla della comunità internazionale degli Stati, i quali auspicano una soluzione distensiva e pacifica degli eventi.
Notizia dell’ultim’ora è la rivelazione portata alla luce da un satellite israeliano lanciato dalla Russia che fotograferebbe la presenza di centrali nucleari sul territorio iraniano.
L’ONU sembra andare a sbattere per l’ennesima volta contro il muro poiché all’interno del Consiglio di Sicurezza ci sarebbe, sulla questione, una contrapposizione fra chi auspica una risoluzione (Russia e Stati Uniti in particolare) che congeli il progetto iraniano e chi ha già annunciato di porre il veto (Cina) sostenendo la necessità di proseguire con l’attività diplomatica. Se emergesse una tale realtà proprio in questa sede, il CdS cadrebbe vittima del sistema che da sempre imbriglia la sua attività (ragion per cui spesso ha incontrato difficoltà per muovere anche un solo dito). Se le cose dovessero prendere questa piega, ho paura che si andrà incontro all’ennesima catastrofe, con gli Stati Uniti decisi ad impedire ad ogni costo che l’Iran persegua il suo progetto e con l’Iran che per il momento agisce solo con i paraocchi. La guerra è sempre l’extrema ratio, ma ad ogni modo la possibilità di ricorrervi va tenuta lontana finché è possibile. La situazione è quanto mai realmente appesa ad un filo.
Saddham Hussein, dal canto suo, non fu da meno: l’aiuto economico delle petromonarchie arabe e degli Stati Uniti gli hanno conferito i mezzi necessari per portare a termine vittoriosamente la prima guerra del Golfo, (che vedeva contrapposto il “suo” Iraq all’Iran teocratico di Khomeini) per poi, seguendo la china scivolosa di chi quando vince per la prima volta al casinò non si accontenta più, invadere il Kuwait nel 1990, cadendo però miseramente grazie all’intervento di una coalizione capeggiata dagli stessi U.S.A.. Il problema poi è che nessuno ha rimosso Saddam (evidentemente agli Stati Uniti andava bene così) e questi ha potuto continuare indisturbato nella sua politica di eccidio, sterminando durante la sua lunga dittatura 2 milioni di persone tra cui minoranze curde e sciite. Per scalzarlo si è dovuti ricorrere, solo nel 2003, alla scusa delle armi di distruzione di massa che non sono state trovate. Lui, Saddham Hussein, è stato alla fine individuato ed arrestato ma la situazione attuale in Iraq può dirsi tutt’altro che pacificata.
Il pericolo costituito dall’Iran è rafforzato da un programma che prevede l’arricchimento dell’uranio e l’attivazione del ciclo nucleare “a scopi civili”, secondo quanto afferma da mesi il Presidente Ahmadinejad. Pregiudizievole ma, a detta di tutti gli esperti di geopolitica, fondato è il timore che Ahmadinejad voglia installare sul territorio iraniano centrali nucleari a scopo militare, non fosse altro perché tale possibilità conforterebbe molto l’opportunità di realizzare l’elemento precipuo della sua agenda: l’eliminazione fisica, la cancellazione dalla cartina geografica dello Stato di Israele.
Se a tutto ciò si aggiunge il programma già avviato che mira a preparare migliaia di kamikaze pronti a farsi saltare in aria in missioni suicide, le carte di Ahmadinejad sono scoperte. Le sue brame reali sono sotto gli occhi di tutti. Proprio ieri il rapporto stilato dal direttore generale dell’AIEA, El Baradei, fa registrare il risultato negativo delle pressioni che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha esercitato sull’Iran per convincere il suo Presidente ad abbandonare i suoi piani. La situazione, insomma, si sta ripetendo: Ahmadinejad, come Saddam, si fa beffe dell’ONU; Ahmadinejad, come Hitler all’epoca, si burla della comunità internazionale degli Stati, i quali auspicano una soluzione distensiva e pacifica degli eventi.
Notizia dell’ultim’ora è la rivelazione portata alla luce da un satellite israeliano lanciato dalla Russia che fotograferebbe la presenza di centrali nucleari sul territorio iraniano.
L’ONU sembra andare a sbattere per l’ennesima volta contro il muro poiché all’interno del Consiglio di Sicurezza ci sarebbe, sulla questione, una contrapposizione fra chi auspica una risoluzione (Russia e Stati Uniti in particolare) che congeli il progetto iraniano e chi ha già annunciato di porre il veto (Cina) sostenendo la necessità di proseguire con l’attività diplomatica. Se emergesse una tale realtà proprio in questa sede, il CdS cadrebbe vittima del sistema che da sempre imbriglia la sua attività (ragion per cui spesso ha incontrato difficoltà per muovere anche un solo dito). Se le cose dovessero prendere questa piega, ho paura che si andrà incontro all’ennesima catastrofe, con gli Stati Uniti decisi ad impedire ad ogni costo che l’Iran persegua il suo progetto e con l’Iran che per il momento agisce solo con i paraocchi. La guerra è sempre l’extrema ratio, ma ad ogni modo la possibilità di ricorrervi va tenuta lontana finché è possibile. La situazione è quanto mai realmente appesa ad un filo.
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