Il risultato delle elezioni
parlamentari iraniane del 2 marzo non ha tradito le attese. Il blocco che fa
capo alla Guida della Rivoluzione Ali Khamenei ha ottenuto una facile vittoria
sbaragliando la concorrenza, come al solito resa monca ex-ante dal setaccio usato dal Consiglio dei Guardiani.
Quest’organo, i cui membri sono designati per metà dalla medesima Guida e per
l’altra metà dal vertice del potere giudiziario, ha infatti il potere di
sindacare l’ammissibilità dei candidati che si presentano alle elezioni: se
questi non sono graditi al regime, vengono esclusi dalla competizione
elettorale.
In verità, lo scontro si presentava
già limitato, semplificando, a due soli gruppi: il blocco dei conservatori
tradizionalisti legati a Khamenei e la fazione del Presidente Ahmadinejad. Una
partita che, quindi, ha rispecchiato gli equilibri interni al panorama politico
della Repubblica islamica così come si sono andati strutturando negli ultimi tre
anni. Dalla competizione, si trovavano sostanzialmente fuori i riformisti, già
pesantemente emarginati dalla vita politica del paese in seguito alle
contestatissime elezioni presidenziali dell’estate 2009.