Monday, August 1, 2016

Intervista. Turchia, Russia, Ue, Usa: il grande gioco. Intervista ad Alberto Gasparetto, di Francesco Rossi


1) Cosa è successo in Turchia: colpo di stato fallito o fasullo? 

Le modalità attraverso le quali il tutto si è svolto fanno propendere nettamente per la prima ipotesi. L’intelligence turca aveva da tempo messo sotto controllo alcuni elementi interni al regime, appartenenti alle forze armate e alla magistratura, che si ipotizza facciano parte di una struttura parallela facente capo al movimento Hizmet di Feltullah Gulen, chierico un tempo sodale di Erdogan e dal 1999 residente negli Stati Uniti. 
Certo, l’ingente numero di persone indagate e l’estensione delle misure di sicurezza a migliaia di giornalisti e accademici fanno presupporre che Erdogan stia approfittando della situazione per fare pulizia totale di tutti gli elementi indigesti, anche di quelli non direttamente legati al golpe.



2) Cosa c'era di diverso questa volta di diverso rispetto ai precedenti colpi di stato in Turchia? 

L’elemento peculiare di questo golpe fallito sta nella spaccatura innanzitutto all’interno delle forze armate stesse. Questo ha impedito il formarsi di una catena di comando che coinvolgesse tutti i vertici militari. Una parte dei generali ha mantenuto la lealtà a Erdogan. Ciò ha impedito che il golpe venisse legittimato e il susseguirsi degli eventi, conditi con la propaganda di Erdogan apparso sulle tv private tramite FaceTime, ha permesso al popolo di riversarsi in piazza per schierarsi contro la fazione golpista.

3) La Turchia, oltre ad essere un paese della Nato, è un crocevia energetico di primaria importanza. In più confina con lo Stato Islamico. La titubanza occidentale dinanzi a Erdogan è un segno di debolezza o di realismo geopolitico?

Erdogan è il capo indiscusso, democraticamente legittimato, di un paese cruciale per l’Europa dal punto di vista geopolitico, sia per quanto riguarda gli equilibri politici nella regione sia per quanto riguarda, come hai sottolineato tu, il transito delle rotte energetiche. 
È evidente che questo crea una sorta di forte dipendenza europea da Ankara e i tentennamenti nelle prime fasi del golpe ne sono un chiaro sintomo. Ma adesso la palla passa proprio ai leader europei. Dovranno approfittarne per prendere finalmente in mano il “dossier turco” e tentare una qualche forma di accordo che garantisca gli equilibri. 

4) A breve il presidente turco incontrerà Vladimir Putin. Dopo l'episodio del jet russo e la conseguente lacerazione dei rapporti con Mosca vi era stato, nei giorni precedenti al tentato golpe, un timido riavvicinamento. Qual è oggi il ruolo della Russia in questa partita, considerando che l'agenzia iraniana Fars ha diramato un comunicato secondo il quale sarebbero stati i servizi russi ad avvertire Erdogan dell'imminente golpe?

L’intelligence turca era a conoscenza che un simile evento stesse per verificarsi. È stato così possibile avvisare in tempo Erdogan, il quale è riuscito a fuggire in tempo dall’assalto delle forze golpiste che nel frattempo lo stavano raggiungendo nell’hotel in cui si trovava in vacanza. 
Mosca resta un attore fondamentale dal punto di vista dei rapporti commerciali e degli approvvigionamenti energetici. La Russia è il secondo esportatore di prodotti in Turchia, primo per quanto riguarda il gas naturale. Conservando irrinunciabili interessi strategici in Siria, da questo riavvicinamento c’è da attendersi un maggiore realismo nell’establishment di Ankara ed è probabile che vedremo una convergenza anche con l’Iran, bilanciando le opposte esigenze sia sulla questione curda sia per quanto riguarda la guerra all’Isis.
L'Iran ha quindi una posizione particolare: deve accettare il fallimento del golpe, come ha fatto condannandolo; dopodiché Teheran rimane un rivale per Ankara, soprattutto sulla guerra in Siria. Quindi - se quella notizia fosse vera - non credo sia un caso sia stata diramata proprio da un’agenzia iraniana. 

5) Prima del tentato colpo di stato, una serie di documenti circolata nel Congresso americano parlava di intensi legami tra i Clinton e Gulen. Possibile che Erdogan stia cercando di mettere i piedi in avanti in vista di una presidenza Hillary? 

I rapporti con gli Stati Uniti sono già tesi da diversi anni e nonostante la volontà di Obama di ottenere un riavvicinamento della Turchia a Israele, restano profonde divergenze sugli obiettivi in Siria e, ancora una volta, su come trattare la questione curda. 
Erdogan ha dichiarato lo stato d’emergenza e sta approfittando della situazione per fare piazza pulita nelle principali istituzioni del paese, dalle forze armate alla magistratura, dal giornalismo al sistema educativo. Nel mirino ci sono tutti quelli che sono anche solo sospettati di far parte di questa struttura parallela facente capo al predicatore e magnate turco Fetullah Gulen.

6) Come proseguirà nei prossimi mesi il rapporto con l'Unione Europea? Il segretario al Tesoro americano ha recentemente chiesto di risolvere al più presto la crisi del debito greco, in modo da far sì che Atene diventi un avamposto di stabilità nella regione. 

Sono in molti a domandarsi se la volontà di aderire all’Unione Europea da parte della Turchia di Erdogan, già nei primi anni in cui questi era a capo del governo, fosse realmente sentita. Alcune mosse in politica estera, come lo sguardo volto al mondo islamico, in ottemperanza alla cosiddetta "dottrina della profondità strategica" di Ahmet Davutoglu (secondo la quale occorre diversificare il più possibile i rapporti senza focalizzarsi sull’Occidente) hanno fatto presupporre il contrario. 
Eppure diversi segnali fanno pensare che finora nemmeno l’Europa abbia realmente voluto integrare la Turchia. Insistere su questioni simboliche quali l’incedere dell’Islam politico sulla scena pubblica o il genocidio degli Armeni serve solo a esacerbare gli animi e ad allontanare i due soggetti. 
Con la Grecia ci sono sempre state tensioni, basti pensare alla questione cipriota, ma tra i due paesi ci sono stati anche momenti di disgelo, come testimonia la solidarietà greca dopo il terremoto occorso in Turchia nel 1999 e, notizia delle ultime ore, la condanna degli ufficiali golpisti fuggiti in Grecia dalla Turchia. 

7) La mia città, Reggio Emilia, ha da poco conferito la cittadinanza onoraria al popolo curdo e ad Abdullah Ocalan. Che prospettive si delineano per i curdi?

Quella curda è verosimilmente la questione centrale che occupa la politica turca. Trattato generalmente come problema di politica interna, attraverso un processo di inclusione nella cittadinanza fondato sulla preclusione del riconoscimento della peculiarità nazionale curda, è ritornato materia di aperto conflitto militare quando un anno fa sono definitivamente tramontati i processi negoziali tra il governo turco e il Pkk. 
In linea con la più autentica tradizione nazionalista, Erdogan sembra intenzionato a schiacciare ogni velleità indipendentista del popolo curdo. Ciononostante, negli ultimi anni la Turchia ha avviato una florida relazione economica con il governo del Kurdistan regionale (Krg) di Massoud Barzani.
La soluzione di quel problema passa necessariamente attraverso una grande negoziazione in cui l’UE si faccia mediatrice in prima linea, riprendendo in mano lo scambio politico tra la questione dei visti e quella dei migranti, bilanciando il peso dell’Iran e, soprattutto, della Russia nel teatro siriano.

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